INTERVENTO - DIVULGAZIONE
L’intervento si è svolto il 7 novembre 2008, nel congresso SPAZI DI INCONTRO AI CONFINI CON LA MALATTIA MENTALE: OLTRE LE COLONNE D’ERCOLE.
La capacità di emozionarsi davanti alle sofferenze è stata molto spesso trascurata, se non addirittura osteggiata dall’idea che commuoversi possa manifestare una debolezza del operatore. da questa paura la tendenza a non utilizzare i personali sentimenti come strumento di propulsione per una relazione di aiuto efficace irrigidendo il rapporto empatico e avvolgendolo in un clima di finzione e sfiducia.
Fortunatamente negli ultimi anni molti modelli di intervento (ad es. il Modello Integrato Operativo in “La relazione con il paziente” Ed. Carocci 2006) prendono in considerazione anche questo fattore fondamentale ed hanno il coraggio di affrontare le difficoltà che aprire il canale delle emozioni comporta. L’emotività, la capacita di “sentire”, unita al coraggio di scegliere consapevolmente come utilizzare l’emozione all’interno del rapporto terapeutico, permette all’operatore di instaurare in maniera efficace una relazione di aiuto, diminuendo il rischio che un emozione non considerata si manifesti inconsapevolmente creando atteggiamenti o comportamenti nocivi sia alla relazione che al percorso di cura del utente. Non è un caso se alcuni nuovi curriculae di studio (ci riferiamo in particolare al master in “infermieristica in psichiatria e psicologia clinica” dell’università di Firenze) cerchino di recuperare questa dimensione, malgrado le difficoltà nella definizione di tali argomenti all’interno degli standard didattici universitari che privilegiano l’insegnamento dei “dati oggettivi”.
La consapevolezza di sé è, secondo molti modelli di intervento (tra i quali facciamo riferimento al Modello Integrato Operativo che proponiamo) il pilastro fondamentale per ogni operatore che desideri lavorare con il disagio. In salute mentale, la consapevolezza emotiva risulta essere l’aspetto più importante, senza il quale non è possibile, instaurare relazioni produttive. Ci teniamo a sottolineare che comprendere quali siano le nostre emozioni e sentimenti sia il passo più importante dell’intero processo di cura. In altre parole la consapevolezza che gli operatori hanno d i sé stessi è l’aspetto che da solo può influenzare il percorso dell’utente. Solo attraverso la consapevolezza delle nostre “tensioni” all’interno del rapporto, possiamo cercare di fornire prestazioni che abbiano l’obbiettivo di aiutare l’altro invece di aiutare (più o meno consapevolmente) solo l’operatore. Ad esempio l’attitudine a sostituirsi, anche in modo materno, può creare situazioni di dipendenza se non viene fatta attenzione alle dinamiche personali: quindi diventa importante la consapevolezza dell’operatore delle proprie tensioni interne che influenzano l’andamento del percorso riabilitativo. Un uso consapevole ci porta invece la “potenza” degli interventi di maternage e rêverie.
Per poter lavorare con le proprie emozioni all’interno di un rapporto riteniamo che il secondo pilastro sia rappresentato dalle competenze emotive; capacità personali che possono essere innate, ma che è possibile anche sviluppare e ampliare.
competenze emotive: per descrivere brevemente, questa famiglia di competenze è necessario richiamare il concetto di “empatia”. Vogliamo sottolineare che l’empatia a cui facciamo riferimento è l’empatia definita “matura” o “differenziata” cioè, della capacità di assumere ruolo e prospettiva dell’altro senza confondersi con esso. Questa abilità, mediata da adeguate capacità cognitive, in stretta comunione con la consapevolezza, al fine di garantire un esperienza di intimità e rispetto dei confini personali permette di definire competenza emotiva la capacità di trasmettere un esperienza di vicinanza e intimità mantenendo il pieno rispetto della persona. Riteniamo dannosa, al fine di instaurare una relazione terapeutica, “l’empatia globale”, cioè la piena immedesimazione nella realtà emotiva dell’altro, così come “l’empatia egocentrica” che porta all’attribuzione ad altri di emozioni e sentimenti analoghi a quelli sperimentati dal soggetto in circostanze simili (situazioni di questo tipo sottolineano un insufficiente capacità di consapevolezza). Dalla complessità dell’argomento si deduce l’importanza della formazione – sviluppo in questo ambito.All’interno di questa famiglia di competenze, indispensabili anche per collaborare con il gruppo di lavoro, è possibile individuare la capacità di “controllo delle emozioni”. E’ la capacità di calmarsi, ridurre l’ansia, la tristezza, l’aggressività; in altre parole la abilita di non farsi distruggere da emozioni tormentose che tendono a dilagare. Questo termine “controllo” vuole essere utilizzato semplicemente per rafforzare la capacità di mantenere un equilibrio che possa sostenere la carica emotiva: l’arte di confortare e tranquillizzare se stessi e non indica un atteggiamento rigido di chiusura forzata o di imposizione.Un’altra competenza emotiva riguarda la capacita di contenere le emozioni altrui: si tratta di un altra competenza che sta alla base di qualsiasi supporto emotivo. La capacità di gestire e contenere le emozioni altrui è senza dubbio una delle competenze emotive di maggiore utilità nei momenti critici del nostro lavoro.
Se pensiamo alla nostra storia di crescita all’interno del servizio di salute mentale ci colpisce quanto il processo di crescita personale / professionale sia stato legato alla cura degli utenti e alle relazioni patologiche che ci hanno imposto severe difficoltà. Il denominatore comune che ci ha permesso di superare tali difficoltà e soprattutto di ricevere la gratificazione dei miglioramenti clinici, necessaria a proseguire con passione il nostro lavoro, è stato lo sviluppo delle competenze emotive e della autoconsapevolezza come condizione preliminare, sviluppo che è stato una conquista frutto di “faticoso lavoro quotidiano”, di accettazione dei propri limiti, di autoironia, tanto studio e qualche strumento pratico di intervento.
Ancora soffriamo, ancora ci emozioniamo, ancora cerchiamo cosa fa vibrare le nostre corde, ancora lavoriamo in salute mentale.
Obiettivi:
- Portare una relazione che fosse capace di presentare gli aspetti umani del lavoro, da quelli passionali e divertenti a quelli più complessi e a volte difficili da esprimere.
Strumenti
Video presentazione, molta ironia, condivisione delle difficoltà lavorative emotive.
Nello svolgere questo intervento abbiamo rispettato pienamente le idee del progetto convegni.
Bibliografia
- Goleman Daniel: “Intelligenza emotiva. Che cos’è, perché può renderci felici”, Rizzoli, 1996
- Enrico Cheli (a cura di): “La Comunicazione Come Antidoto ai Conflitti”, Punto di Fuga, 2003
- Gabriele Giacomelli, Simone Bacherini: “La relazione con il paziente”, Carocci, Roma 2006
- Enrico Cheli: “Relazioni in armonia”, Francoangeli, 2005
- Anna Ferruta, Marcella Marcelli: “Un lavoro terapeutico”, Francoangeli, Milano 2000