Simone Bacherini e Gabriele Giacomelli
Si riporta il testo completo perché di difficile reperimento.
Il pensiero che pregiudizi, stereotipi stigma non siano un nostro problema è un pregiudizio di per sé, e molto spesso condiziona pesantemente il lavoro di assistenza fino a trasformare alcune persone in “seccatori”, ovvero dando vita al processo di stigmatizzazione.
F è una signora di 45 anni, sposata con 2 bambini. Di lei conoscevamo poco, il marito la ha accompagnata dallo psichiatra e appariva taciturna, fino a quando non ha deciso che doveva andarsene e che non voleva più parlare con noi. Nel breve periodo che è rimasta in ambulatorio appariva (dalIe affermazioni bizzarrie riguardanti Ia propria famiglia di origine che è composta da “attori famosi americani…”, dal comportamento di evitamento e da un abbigliamento molto più che eccentrico) chiaramente la presenza di uno scompenso psichico. Quando è letteralmente “fuggita” dalI’ambulatorio è iniziato un inseguimento, con lo scopo di mitigare, se ce ne fossero state, Ie incomprensioni della paziente col medico. Appena è stato possibile avvicinarla, assieme al collega, abbiamo cercato di farle capire la situazione, che non aveva nulIa da temere e che essendo noi “infermieri”, non avrebbe avuto nulla da temere. Purtroppo I’esperienza che F aveva avuto degli “infermieri” non era stata molto fortunata: i “colleghi” (non sappiamo se fossero realmente infermieri) della “clinica” che la aveva ospitata per alcuni anni si erano comportati con una modalità più orientata verso il vecchio stile manicomiale che non Ie nuove indicazioni sulla moralità e la libertà dell’individuo, dalle cartelle cliniche si è appreso che molto spesso si era fatto ricorso al contenimento fisico e addirittura a “bagni terapeutici” (con acqua fredda). Questo lo abbiamo scoperto dopo, nel primo incontro (o rincorsa…) I’unico effetto che ha ottenuto presentarsi come infermieri è stato quello di far scappare F. Sono state necessarie alcune settimane per poter guadagnare la fiducia di F e vincere il suo pregiudizio verso di noi. Solo dopo alcuni mesi F ha cambiato completamente atteggiamento verso il personale infermieristico, adesso a volte chiama per sfogarsi e se si effettua una visita domiciliare è ben contenta di accoglierci e di parlare con noi.
Il pregiudizio si manifesta, sia nel paziente che negli operatori, creando difficoltà nel lavoro sanitario e nella possibilità di accesso alle cure.
L’etimologia del termine risale al latino «praejudicium» che indicava un giudizio fondato su esperienze ptecedenti, in seguito ha assunto il significato di «giudizio aprioristico». E possibile affermare che il pregiudizio, «a-priori», faparle di un particolare tipo di atteggiamento. Da un punto di vista relazionale,si tratta di un atteggiamento negativo rispetto all’oggetto interessato, in quanto tende a sminuire, svalutare o semplificare le caratteristiche di una persona. La funzione che il pensiero “pre-giudicante” svolge è di tipo difensivo: ci tutela da situazioni sgradevoli, indesiderate o presunte tali; funzione sicuramente indispensabile alla vita di tutti i giorni. Anche pensare che la relazione sia “solo” condividere e accettare rappresenta un pregiudizio. In apparenza potrebbe sembrare che tutto ciò che riguarda la relazione debba essere accettazione e condivisione, senza freno. In realtà senza alcun tipo di pregiudizio la relazione infermiere-utente si trasformerebbe in “fusione” riducendosi ad una unione incapace di crescere, statica, mortifera e orientata verso il burn out. La relazione è scambio e non vi può essere scambio tra due elementi che tra loro sono già fusi. Provate ad immaginarvi una relazione fra un infermiere e un utente della salute mentale dove l’operatore abbatte ogni tipo di pre-giudizio nei confronti dell’utente, instaurado così una relazione fusionale che avrà sicuramente riflessi dannosi per ia sanità mentale dell’infermiere. Il pregiudizio, si trasforma in “positivo” nel momento in cui l’operatore acquisisce consapevolezzadella rigidità del proprio schema mentale (pre-giudizio) così che sarà in grado di frenare e non scaricare sull’utente la propria idea pre-giudicante facilitando così l’instaurarsi di una relazione di aiuto efficace (l’utente non si sente giudicato). Il pregiudizio ha svariate funzioni nell’economia della mente:
- predispone ad ottenere vantaggi o a difendersi da eventuali minacce a livello sociale (funzione strumentale);
- mantiene una coerenza interna all’individuo (funzione ego-difensiva);
- consente una agevole ordine delle informazioni in entrata catalogando in modo semplice (funzione cognitiva);
- si occupa di difendere i propri valori e permette la affermazione del sé (funzione espressiva).
Uno dei caratteri fondanti del pregiudizio consiste nella mancanza nel soggetto (dove soggetto è ognuno di noi), di una completa esperienza dell’oggetto a cui il pregiudizio si riferisce. Tali mancanze vengono colmate con idee presupposte.
L telefona al servizio chiedendo di parlare subito con un medico, perché dice ocosa ci può capire un infermiere?». La modalità scelta dal servizio si basa invece su un colloquio preliminare tenuto da un infermiere, che valuta la gravità e poi fissa l’appuntamento, facendosi carico di cercare un posto “urgente” se necessario. Questa modalità viene spiegata ad L, senza dar peso al carattere offensivo delIa frase espressa dalla paziente, la quale, allora, chiede di venire a parlare con me/ che ho accolto Ia telefonata. Viene il giorno seguente, ed inizia il colloquio con la solita modalità dispregiativa nonostante sappia che io stesso sono un infermiere. Senza offendermi raccolgo i dati e chiedo le informazioni necessarie a capire se ci sono motivi di “gravilà”. La situazione non ha particolari motivi di gravità ma L sembra che, nonostante la convinzione che «gli infermieri non possono capire», abbia una gran voglia di parlare: dopo aver affermato che ho raccolto i dati necessari e posso fornirle I’appuntamento, offro ad L Ia possibilità di parlare, «io non sarò in grado di darle consigli, ma se vuole posso stare un po’ di tempo ad ascoltarla. L è rimasta un’ora intera a parlare, ha pianto e quando è andata via mi ha ringraziato moltissimo. Forse pensa ancora che ngli infermieri non servono, in fondo Io pensano in molti… e gli stereotipi sono difficili da sradicare… ma l’impressione che ho avuto è che quell’ora che le ho dedicato Ie sia stata utile (e forse ha tolto anche un po’ di forza al suo stereotipo).
Grazie a particolari “stratagemmi” di autoinganno psicologico, i pregiudizi tendono ad autoconfermarsi, oltre ad innescare reazioni negative: la percezione, in particolare, gioca un ruolo centrale, selezionando le informazioni e sottolineando quelle che confermano il pensiero pregiudicante (percezione selettiva). Un altro aspetto tipico dei pregiudizi è il conio di ETICHETTE che rafforzano in modo notevole i pregiudizi stessi, partecipando alla creazione di una “realtà illusoria” che, a partire da un unico particolare, costituisce l’intero oggetto del pregiudizio. Una volta instaurato, il pregiudizio nella reIazione questo spinge l’operatore a compiere azioni, anche di poco conto, ma che tendono a “ridurre” le possibilità di crescita/apprendimento per l’utente, in tale modo si accentua l’effetto di allontanamento e di fatto si riducono le possibilità di aiuto.
Alcuni parametri possono risultare utili a rivelare la presenza in noi stessi di pregiudizi, anche se non sarà possibile considerare tali parametri come una Chek list, possono aumentare il proprio grado di consapevolezza, facilitando tna”relazione efficace di aiuto” riducendo i rischi di fusione con l’utente. Elementi utili a rivelare la presenza di un pregiudizio:
- l’ aumento della distanza sociale
- l’osservazione di soli lati negativi dell’altro;
- la tendenza all’ etichettamento della persona;
- la presenza di una negatività apparentemente immotivata;
- I’ azione, non sufficientemente motivata, diretta alla “limitazione” o all’allontanamento dell’altro;
- l’eccessivachiarczzadei significati (l’uomo è compiicato,la semplificazione è uno dei meccanismi che causano lo stereotipo).
E’inoltre opportuno prestare molta attenzione a non associare il comportamento al pregiudizio. Non sempre infatti esiste una correlazione diietta fra i due. L’azione (comportamento) può infatti essere limitata dalla volontà o da imposizioni sociali (ad esempio la discriminazione nei confronti di pazenti psichiatrici viene limitata dal pensiero della nostra società e dalle leggi specifiche) e non sempre un comportamento anche apertamente discriminante può originare dal pregiudizio (se si rifiuta un passaggio ad un autostoppista che si atteggia da “matto” a causa delle paura di aggressioni, non si tratta di pregiudizio verso le persone con problemi psichatrici – ovviamente il passaggio sarà allo stesso modo rifiutato ad un ragazza che lo chiede carinamente…).
J è una paziente psichiatrica, seguita da molti anni, per molti motivi, I’ultima volta che si è presentata al pronto soccorso per un forte dolore addominale ha trovato i sanitari impegnati da un gravoso turno di lavoro (è stato difficile trovare un posto a sedere per attendere la fila). Quando è venuto il momento della visita ha riferito che seguiva una terapia psichiatrica e che da un paio di giorni soffriva di dolori all’addome. L’infermiere di turno riconosce Ia donna che pochi giorni addietro è stata ricoverata per un leggero scompenso psichico. Riferisce l’accaduto al medico il quale dopo aver controllato l’assenza di un quadro di addome acuto (alla palpazione J lamenta dolori in modo “diffuso”), in mezzo aIl’affolIamento del pronto soccorso, decide per un ricovero presso il reparto di psichiatria. Appena viene informata J comincia a lamentarsi, rifiutando il ricovero in psichiatria. Dopo una lunga contrattazione con l’infermiere che con molta pazienza ascolta e cerca di convincere al ricovero, J accetta e si ricovera nel Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura. Serviranno 4 giornate di degenza per arrivare alla diagnosi di “empiema delIa colecisti” e per convincere i sanitari che non si trattava di Iamentele “psicosomatiche”.
Lo stereotipo è una particolare modalità di pregiudizio che mantenendo la valenza negativa, incorpora una fredda valutazione basata su pochi o nessun dato concreto tralasciando completamente l’aspetto emotivo, come nell’esempio riportato i sanitari sono convinti deila natura “somatica” a causa della storia psichiatrica della paziente. Lo stereotipo è un’opinione che si basa su una supposizione semplicistica e generalizzata di un fenomeno sperimentato in modo marginale; una valutazione corretta invece può avvenire solo attraverso l’esperienza diretta e il contatto prolungato. Lo stereotipo costituisce una credenza socialmente condivisa che non è possibile comprendere dall’interno del proprio gruppo. Riconoscere lo stereotipo sarà tanto più difficile quanto più tenderemo ad utilizzare una mòdalità di pensiero rigida. Lo stereotipo si basa su una “presunta” generalizzazione di determinate caratteristiche; lo stigma si fonda invece sulla effettiva presenza di una caratteristica, alla quale viene attribuito un valore di non tollerabilità. Le principali caratteristiche possono essere così riassunte:
- Considerazione della persona in funzione della caratteristica non desiderata, senza considerare le altre parti della personalità, la caratteristica diventa la lénte con cui sianaTrzzano tutti gli aspetti dell’aitro.
- Creazione di un senso di separazione a causa del circolo vizioso che si instaura tramite la relazione centrata sulla caratteristica non tollerata (come illustrato al punto precedente).
- Ambivalenza deile emozioni (in chi “stigmatizza”).. alcune emozioni sono a caratterepositivo, ditenerezza, di solidarietà verso la difficoltà, altre sono di tipo negativo, a causa dell’invidia verso i vantaggi secondari (relativi all’essere portatore di difficoltà). Tale ambivalenza accresce il senso di confusione aumentando le difficoltà di contatto.
La disponibilità all’espenenza diretta, che si realizza aumentando i punti di incontro e contatto con l’utente psichiatrico può ampliare ia consapevolezza dell’infermiere relativa alla scarsa conoscenza. Fare attenzione ai punti in comune con l’altro, soprattutto nelle relazioni con utenti “strgmatizzati”, (come i malati psichiatrici) permette all’infermiere di apprendere e, superare i filtri che lo stereotipo pone nella relazione con l’utente, oltre a fornirci gli strumenti per migliorare tutte le relazioni con gli altri. Se da questo genere di interazione nasce la possibilità di sperimentare vantaggi e successo per entrambi si hanno enormi possibilità di superare il pregiudizio instaurando unarelazione di aiuto efficace Anche il consenso sociale è un meccanismo molto importante nel creare, mantenere o ridurre un determinato pregiudizio: le leggi e il pensiero della società rispetto alla discriminazione hanno, di fatto, ridotto i pregiudizi, e innescato una spirale positiva che ha permesso alla società moderna di essere molto più integrata rispetto a come lo fosse solo pochi anni fa nei confronti delle malattie mentali Il pregiudizio, è uno stato mentale sempre presente in noi stessi, alcuni pregiudizi possono essere modificati, rispettando determinate condizioni, ma la riflessione più importante è che non è possibile sfuggire definitivamente al rischio di compiere valutazioni sommarie in base a pensieri che originano nella scarsa conoscenza dei fenomeni. A meno che non si riesca a trovare qualcuno che ha una totale esperienza ditutto, non resta che cominciare ad usare modelli di pensiero capaci di tenere in considerazione lapossibilità di errore. Trovare modelli teorici che comprendono l’errore può essere la necessità dei futuro più prossimo. Per superare tale problema è necessario passare da un pensiero che considera sé stessi come perfetti ad un pensiero che considera la possibilità concreta di effettuare errori, ciò porta a sviluppare una modalità di lavoro che lascia il tempo per la correzrone,troppo spesso nonttllizzata, e invece così impofiante per dare “umanità” ai servizi sanitari.